Cerimonia inaugurale – mercoledì 22 settembre

Andrea Sisti Relazione di apertura
(.pdf – 212 Kb)

Saluto Presidente Emilia Romagna Claudio Piva
(.pdf – 115 Kb)

Saluto Presidente Reggio Emilia Alberto Bergianti
(.pdf – 127 Kb)

UNA PROFESSIONE CHE GUARDA AL FUTURO
RELAZIONE DI APERTURA DEL XIII CONGRESSO NAZIONALE
ANDREA SISTI ‐ PRESIDENTE NAZIONALE CONAF

Geòtopos, Agronom, Ingeniero Agronomo, Engenheiro agronomo, Ingénieur Forestier, sono alcunedelle denominazioni della nostra professione in Europa. E’ si l’Europa, con le sue contraddizioni ma anche esoprattutto con la forza di un progetto che apparentemente sembra che non ci appartiene ed invece èsempre più punto di riferimento, di fatto. Proprio in questo anno, anno delle celebrazioni del 150°anniversario dell’Unità di Italia (2010‐2011), il progetto dell’Europa, delle sue comunità e delle sue Nazionideve essere al centro del cantiere di lavoro per il cambiamento. Proprio per questo una professione legataalla Terra, alle tradizioni, alle sue trasformazioni mette al centro di un Congresso la storia Italianadell’agricoltura, la sua evoluzione, le sue trasformazioni che sono avvenute in una via, quella Emiliana,cuore della Valle del Po, per traguardare verso il Futuro. Ed il Futuro non può che essere un’Europa dove leprofessioni ed i professionisti si mettono a disposizione per costruire un progetto organico che stemperi lepaure e dia fiducia per superare la crisi.

Si proprio i professionisti, che da questa crisi sono stati di molto penalizzati, devono essere i primi a reagireper costruire un nuovo modello di sviluppo. A partire dagli indicatori attraverso i quali misurare il nuovosviluppo fino ai fondamentali delle prestazioni professionali.

Mi rivolgo soprattutto ai miei giovani colleghi, l’innovazione non avviene senza sacrificio, senza dedizioneal lavoro senza studio. Ecco perché, da voi giovani mi aspetto un salto di qualità della nostra professione.Guardando all’Europa attraverso gli occhi di un grande paese, l’Italia, che non ha bisogno di una cosmesima di un grande progetto di ristrutturazione e riorganizzazione che non può che essere promosso insiemeai giovani laureati, ai giovani professionisti.

Dibatteremo nei prossimi giorni di quattro temi professionali che incidono enormemente sul viverequotidiano. A proposito di Europa, nel processo di allineamento legislativo e di riorganizzazione dellamacchina burocratica occorre procedere con più coraggio, non si può continuare a lasciare aperti più binarinormativi, più livelli autorizzativi, dimenticando poi il progetto, cioè lo scopo dell’intrapresa, larealizzazione dell’idea.

Con questo metodo noi vogliamo contribuire a realizzare nelle nostre tematiche di competenza:Agroalimentare, Ambiente e Paesaggio; un’Italia più Europea ma anche un’Italia che sappia portare inEuropa la sua ricchezza di biodiversità agroalimentare, paesaggistica soprattutto di grandi professionalitàche in questi campi si distinguono e sono solidi punti di riferimento.

Quello che chiedo alla comunità scientifica, alle Facoltà di agraria ed alla mia categoria è quello diriorganizzare e consolidare un modello di sviluppo italiano in Europa.

Un modello che non penalizzi la nostra grande “variabilità” ma anzi la rafforzi.

Il modello di sviluppo nel quale abbiamo vissuto, e non voglio solo criticarlo, ha di fatto promosso lasemplificazione dei processi, la semplificazione dei prodotti, la standardizzazione di massa. Tutto ciò che èfuori standard è fuori dall’ordinarietà delle persone normali. Un esempio, il 65% delle calorie mondiali èsoddisfatto da tre specie vegetali (grano, mais e riso), complessivamente il 95% da 15 specie vegetali.All’interno delle diverse comunità vegetali o animali la variabilità genetica è strettamente limitata. Dauomo di scienza questo mi preoccupa molto, non bastano solo le banche del germoplasma, serve una Politica, con la P maiuscola ed una comunità scientifica che programmi il futuro. La rarefazione delladiversità genetica è senza dubbio molto più pericolosa della crisi finanziaria che abbiamo vissuto e cheancora stiamo vivendo.

Come lo è il consumo di suolo, la continua sottrazione di terre, non solo all’agricoltura ma alla permeabilità,alla vita di milioni microrganismi che ne rappresentano molto spesso il punto di equilibrio. Guardare all’oggi è importante, certamente: lo sappiamo bene noi professionisti che le risposte devonoessere immediate senza tentennamenti, ma certo penso anche che qualche momento di riflessione è bene prenderselo per concepire qualcosa di diverso dall’oggi. Lo schema produzione‐consumo senza limiti non credo possa così andare avanti. I correttivi apportati, energie rinnovabili, quote di carbonio, ecc. credo amio modo di vedere siano delle cosiddette “pezze calde”. Occorre agire nel cuore del problema, come contabilizziamo il PIL degli stati, come definiamo i bilanci delle Imprese, come contabilizziamo il nostromodo di vita. E’ senza dubbio arrivato il momento di cambiare radicalmente le regole. Ogni altra soluzione ha un destino segnato.

Ecco perché le professioni, ma soprattutto la nostra professione ed il mondo scientifico di riferimento, è centrale in questo processo di innovazione di metodo e di sistema. Le discipline che da sempre si sonooccupate dell’interazione tra il biotico e l’abiotico oggi sono chiamate ad una grande sfida, senza scorciatoie ma con più idee. Se ci sforziamo a trovare nuovi parametri di valutazione per l’opera dell’uomo e del suo utilizzo, gli OGM passano in secondo piano. Vedete che la radicalizzazione dei problemi e lacontrapposizione ideologica è fuorviante.

Certo tutto questo senza la Politica con la P maiuscola non si fa.

Investire nelle persone, investire sui territori con le autostrade di fibra ottica, promuovere il sapere dei luoghi ed al tempo stesso liberare le idee nella fibra ottica per raggiungere nuove idee questo è in sintesi,per me il futuro. La valorizzazione dei luoghi e delle persone, la salvaguardia dell’identità e la sicurezza sociale passa attraverso la conoscenza e per trasferire la stessa attraverso gli strumenti più immediati.

A tale proposito vorrei riprendere il titolo del XIII Congresso, su cui io e miei colleghi abbiamo riflettuto molto, cioè come le realtà locali sono state influenzate dalle dinamiche internazionali e come le realtà locali possono condizionare la globalizzazione.Nei territori della Via Emilia si è sviluppata una delle agricolture più intensive e contestualmente una dellepiù rilevante industri agroalimentare mondiale. E’ proprio qui che ho sentito discutere, riflettere su come traguardare il futuro.

Con il Congresso non pensiamo di risolvere le questioni della nostra categoria ne tantomeno del Sistema.

Ma certamente la discussione sul nostro futuro e della collettività è per me una grande sfida.Come in tutti i periodi di crisi il futuro si guarda con occhi appannati, o meglio la chiarezza degli obiettivi risulta incerta la strada da percorrere tortuosa. Ecco perché la necessità di un confronto costante con l’intera nostra categoria e con le realtà locali dei nostri ordini. Il Confronto, così come lo scontro critico maleale, fa nascere idee dalle quali promuovere proposte per una migliore soluzione dei problemi.

Io credo che la nostra categoria, quella dei dottori agronomi dei dottori forestali, in Italia deve essere protagonista del cambiamento. Abbiamo avuto illustri colleghi, Medici, Montezemolo, Baldini, ……. che con l’innovazione hanno fatto la storia di questo Paese. Un Paese che nel 1953 veniva raccontato da Mario Soldati in modo indelebile. I suoi documentari dovrebbero farci riflettere per progettare il futuro.

Alcune idee per il costruire il progetto Italia in Europa. Il rapporto con le Facoltà di Agraria attraverso la scelta di un percorso che vede una interazione costante di feed‐back tra la ricerca e formazione accademicacon il trasferimento dell’innovazione dai professionisti al sistema, all’impresa, è punto cruciale nel traguardare il futuro. Costruire un nuovo modello di sviluppo coniugando, l’information Tecnology, con la ruralità, la produzione agroalimentare, la gestione della trasformazione territoriale, l’identità dei luoghi divita e quindi del paesaggio è una sfida del rapporto tra vivente e non vivente. La nostra professione deve essere fulcro di queste dinamiche, con coraggio. Una professione “under costruction”, una professione in evoluzione. Dopo le discussioni, però ci vogliono anche delle certezze cioè le competenze, il ruolo professionale che la nostra categoria deve avere nella società. Il ruolo degli Ordini professionali quale garanzia sulle competenze di una categoria professionale. E’ questa la modernità di un ordine professionale. I cardini della riforma devono essere senza dubbio quella del mantenimento dei registri pubblici (Albi), della formazione di ingresso, dove i percorsi di laurea prevedano al proprio interno specificiesami propedeutici all’esercizio della professione. Una formazione ed aggiornamento di permanenza, conmomenti di verifica, la copertura assicurativa con polizze professionali specifiche, rispetto delle regole deontologiche con commissioni disciplinari terze rispetto alla Governance della tenuta degli Albi.

Responsabilità ma anche diritti, compensi professionali basati su standard professionali riconosciuti,valorizzazione delle proprietà intellettuali, fiscalità di vantaggio per i piccoli studi professionali. Costruzioni di reti professionali europee. Sono solo alcune scelte come quella della natura pubblica della Governance degli Albi e la relativa vigilanza pubblica.

Io credo fermamente che nello sviluppo del sistema agroalimentare, della gestione del territorio, della tutela e della progettazione ambientale e paesaggistica sia fondamentale il nostro ruolo. E’ garanzia per la collettività. Progettare la riorganizzazione dei nostri territori, promuovere uno sviluppo sostenibile è nellecorde dei dottori agronomi e dei dottori forestali. Implica responsabilità sociale, etica, deontologia. Molto spesso mi domando: “ma rimarcare il ruolo professionale di una categoria è solo lobby ?, cioè è indifferentese quella prestazione professionale venga svolta da chicchessia, da professionisti con percorsi formativi eterogenei o meglio distanti tra di loro? Credo proprio di no. Un ordine professionale ha il dovere nei confronti della società nel far rispettare le competenze professionali e promuovere le stesse perché ègaranzia dell’utente finale della prestazione.

La sfida per il futuro è lanciata, buon lavoro.