Tavola rotonda – giovedì 23 settembre
Rosa Valletta Lo scenario Europeo
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Lo scenario europeo delle professioni intellettuali, l’applicazione della direttiva qualifiche e della direttiva servizi
Sono due le direttive comunitarie che regolamentano l’esercizio delle libere attività professionali all’interno dell’Unione europea: la cosiddetta direttiva qualifiche, del 2007, e la direttiva servizi, recepita dall’Italia nel marzo scorso, e divenuta operativa il mese successivo con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale.
1. Le direttive Ue sulle professioni
Direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali
Con questa direttiva, la commissione Ue ha raccolto le raccomandazioni presentate dal Consiglio europeo di Stoccolma del 2001, secondo il quale era necessario elaborare un regime delle professioni più uniforme, trasparente e flessibile al fine di realizzare gli obiettivi della strategia di Lisbona.
Quest’atto comunitario, recepito nel nostro Paese con il decreto legislativo n. 206/2007 si applica a tutti i cittadini dell’Ue che intendono esercitare una professione regolamentata – cioè un’attività lavorativa il cui accesso ed esercizio sia subordinato al possesso di determinate qualifiche – in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito le loro capacità professionali, sia come lavoratori autonomi sia come dipendenti.
Il provvedimento stabilisce nello specifico le procedure di riconoscimento delle qualifiche, distinguendo tra la “libera prestazione di servizi” e la “libertà di stabilimento”, in base ai criteri indicati dalla Corte di giustizia: durata, frequenza, periodicità e continuità della prestazione.
a. Libera prestazione di servizi
In base a questo principio della normativa comunitaria, ogni cittadino dell’Ue che sia legalmente stabilito in uno Stato membro, può prestare servizi temporaneamente e occasionalmente in un altro Stato membro con il proprio titolo professionale d’origine, senza dover chiedere il riconoscimento delle qualifiche.
Il prestatore, però, deve dimostrare di aver maturato due anni di esperienza professionale, nel caso in cui il lavoro in questione non sia regolamentato nel Paese membro ospitante.
Quest’ultimo, inoltre, può eventualmente esigere un’iscrizione formale all’organismo professionale competente – ad esempio un Ordine – che in questo caso avviene automaticamente.
Comunque, il professionista che intende esercitare temporaneamente la propria attività in uno Stato membro, deve presentare la dichiarazione preliminare all’organo competente entro 30 giorni dal trasferimento.
Il documento deve contenere informazioni sulla prestazione di servizi e sulla copertura assicurativa per la responsabilità lavorativa. La dichiarazione ha validità per l’anno in corso e deve essere rinnovata, se il prestatore intende di nuovo fornire servizi temporanei o occasionali nello stesso Stato membro.
Una volta ricevuta la dichiarazione preliminare, spetterà poi all’autorità competente trasmettere il fascicolo dell’interessato all’organismo o ente professionale. Per le professioni che hanno implicazioni in materia di sicurezza o di sanità pubblica, che non beneficiano del riconoscimento automatico, lo Stato membro ospitante può procedere a una verifica preliminare delle qualifiche professionali del prestatore nel rispetto del principio di proporzionalità.
b. Libertà di stabilimento
Se il professionista intende trasferirsi stabilmente in un altro Paese della Comunità, deve seguire la procedura per il riconoscimento professionale, inoltrando una domanda all’autorità competente, incaricata di accertare la completezza della documentazione esibita e di riferirlo all’interessato. Qualora la formazione del richiedente non sia ritenuta sufficiente per l’esercizio della professione nello Stato ospitante, il riconoscimento può essere subordinato al compimento di un tirocinio di adattamento, non superiore a tre anni, o al superamento di una prova attitudinale.
Quindi, in caso di stabilimento, la direttiva prevede tre regimi differenti: riconoscimento automatico delle qualifiche, riconoscimento in base al coordinamento delle condizioni minime di formazione e riconoscimento automatico delle qualifiche per alcune professioni come quelle mediche.
Regime generale di riconoscimento delle qualifiche
Si applica alle professioni che non sono oggetto di norme di riconoscimento specifiche, oltre ad alcune situazioni nelle quali il professionista non soddisfa le condizioni previste dagli altri meccanismi normativi vigenti. Il regime generale ricorre al principio del riconoscimento reciproco, ferma restando la possibilità di applicare misure di compensazione (tirocini o esami) in caso di differenze sostanziali tra la formazione acquisita dal lavoratore e quella richiesta nello Stato ospitante.
Regime di riconoscimento automatico delle qualifiche comprovate dall’esperienza professionale per alcune attività industriali, commerciali e artigianali
Per alcune attività industriali, artigianali e commerciali riportate nel Capo II della direttiva, si applica un riconoscimento automatico delle qualifiche, comprovato da un’esperienza professionale pluriennale.
Regime di riconoscimento automatico delle qualifiche per le professioni di medico, infermiere, dentista, veterinario, ostetrica, farmacista e architetto
Il provvedimento della commissione Ue prevede il riconoscimento automatico dei titoli di formazione, in base a un coordinamento delle condizioni minime di formazione, per le attività professionali di medico, infermiere responsabile dell’assistenza generale, dentista, veterinario, ostetrica, farmacista e architetto.
La Banca dati europea
Sul sito internet della Commissione Ue è disponibile una banca dati (http://ec.europa.eu/internal_market/qualifications/general-system_en.htm) delle professioni regolamentate negli Stati membri, nei Paesi dello Spazio economico Europeo (costituito dalla Ue e da Austria, Finlandia, Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Svezia) e in Svizzera, particolarmente utile per avere un’idea del quadro generale in cui opera la direttiva e per quantificare il numero dei professionisti che lavorano in uno stato diverso da quello d’origine.
Infatti il database, il cui aggiornamento è demandato ai Paesi membri, comprende sia le professioni che rientrano nel “sistema generale” di riconoscimento reciproco delle qualifiche sia quelle per le quali è prevista un’armonizzazione delle condizioni minime di formazione.
Per quanto riguarda nello specifico gli agronomi, secondo la banca dati – che considera le richieste di riconoscimento dei titoli professionali per l’esercizio del diritto di stabilimento presentate dal 1997 al 2009, quindi da prima dell’entrata in vigore della direttiva – sono ben 134 i riconoscimenti avvenuti su 179 richieste, mentre sono state respinte solo 17 domande.
Ricordiamo che la commissione Ue ha previsto la valutazione sull’applicazione della direttiva qualifiche durante la prima metà del 2011 e a seguito dei risultati della procedura sarà possibile una revisione non prima del 2012.
Stati aderenti
Il sistema generale del riconoscimento delle qualifiche, al momento dell’entrata in vigore della direttiva, ha coinvolto 18 Paesi: Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Svezia, Regno Unito e i tre Paesi del See Islanda, Liechtenstein e Norvegia.
Con gli ampliamenti successivi della Comunità, che attualmente conta 27 Stati membri, la direttiva dovrà essere estesa e applicata da parte di tutti i Paesi membri.
La direttiva 2006/123/CE sui servizi
La direttiva 2006/123/CE – nota anche come direttiva Bolkestein dal nome dall’ex commissario europeo Fritz Bolkestein che l’ha proposta nel 2004 – è stata recepita nel nostro Paese con il decreto legislativo di attuazione n. 59/2010 e ha liberalizzato i servizi all’interno dell’Unione europea.
Ai sensi del diritto comunitario, un’attività può essere qualificata come “servizio” quando ha natura economica non salariata, deve quindi essere fornita da un prestatore – che può essere una persona fisica o giuridica – al di fuori di una relazione di lavoro subordinato. Inoltre, questa attività deve essere normalmente fornita per una retribuzione, però il semplice fatto che sia erogata dallo Stato, da un ente statale o da un’istituzione senza scopo di lucro non vuol dire che essa non costituisca un servizio ai sensi della direttiva Bolkestein.
Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia Ue, la discriminante è costituita dal fatto che “la caratteristica essenziale della retribuzione va rintracciata nella circostanza che essa costituisce il corrispettivo della prestazione considerata”.
Gli obiettivi principali:
- facilitare la libertà di stabilimento e la libertà di prestazione di servizi nell’Ue;
- rafforzare i diritti dei destinatari dei servizi in quanto utenti di tali servizi;
- promuovere la qualità dei servizi;
- stabilire una cooperazione amministrativa tra gli Stati membri.
Il provvedimento, quindi, intende armonizzazione i regimi normativi di accesso e di esercizio delle attività lavorative, eliminando gli ostacoli alla libera prestazione nel mercato interno. Per raggiungere questi obiettivi, è prevista la razionalizzazione normativa e amministrativa della disposizioni vigenti e delle procedure relative all’accesso e allo svolgimento delle attività professionali, la creazione di una rete di assistenza reciproca finalizzata a garantire il controllo dei prestatori e dei loro servizi e l’istituzione di un sistema elettronico per lo scambio di informazioni tra gli Stati.
Servizi esclusi dal campo di applicazione della direttiva
La direttiva servizi esclude esplicitamente dal proprio campo di applicazione una serie di servizi. Queste esclusioni sono opzionali nel senso che, nel caso in cui lo desiderino, gli Stati membri possono applicare alcuni dei principi e delle modalità generali previsti dalla Bolkestein quali, ad esempio, gli ”portelli unici”, ad alcuni o tutti i servizi esclusi.
Comunque, è evidente che le normative nazionali relative ai servizi esclusi devono in ogni caso essere conformi alle altre norme del diritto comunitario, in particolare alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione di servizi così come garantite dagli articoli 43 e 49 del trattato costitutivo dell’Unione europea.
Sono esclusi i seguenti servizi:
- servizi non economici d’interesse generale;
- servizi finanziari (attività bancaria, credito, et similia);
- servizi di comunicazione elettronica in relazione alle materie disciplinate dalle direttive in materia;
- servizi nel settore dei trasporti, ivi compresi i servizi portuali;
- servizi delle agenzie di lavoro interinale;
- servizi sanitari;
- servizi audiovisivi;
- attività di azzardo che implicano una posta di valore pecuniario in giochi di fortuna;
- le attività connesse con l’esercizio di pubblici poteri;
- alcuni servizi sociali (nel settore degli alloggi, dell’assistenza all’infanzia e del sostegno alle famiglie e alle persone bisognose);
- servizi privati di sicurezza;
- servizi forniti da notai e ufficiali giudiziari nominati con atto ufficiale della pubblica amministrazione.
Semplificazione amministrativa
Al capo II la direttiva servizi (articoli 5-8) prevede un serio e ambizioso programma di semplificazione amministrativa. In pratica, si introduce l’obbligo per gli agli Stati membri di istituire “sportelli unici” come interlocutori privilegiati per i prestatori di servizi, prevedendo contemporaneamente la possibilità di espletare a distanza e per via elettronica le necessarie procedure da parte dei prestatori e dei destinatari di servizi.
Libertà di stabilimento
Le disposizioni contenute nel capo III (articoli 9-15) si applicano a tutti i casi in cui un operatore economico intenda stabilirsi in uno Stato membro, a prescindere dal fatto che il prestatore intenda avviare una nuova impresa o aprire una semplice succursale o una filiale.
In particolare, queste norme prevedono i regimi e le procedure di autorizzazione da seguire in caso di stabilimento e si applicano anche alle regole emanate dagli organismi e ordini professionali o da altre associazioni o organizzazioni professionali.
Libera circolazione di servizi
Gli articoli da 16 a 21 riguardano la prestazione di servizi transfrontalieri, cioè i casi in cui il prestatore di servizi non è stabilito nello Stato membro in cui li presta. La distinzione tra stabilimento e prestazione di servizi transfrontalieri è fondamentale per determinare a quali regole della direttiva è soggetto un prestatore di servizi.
L’articolo 16 stabilisce che gli Stati membri devono astenersi dall’imporre i loro requisiti ai prestatori di servizi non stabiliti, tranne nei casi in cui ciò sia giustificato sulla base di uno dei quattro motivi seguenti: ordine pubblico, della pubblica sicurezza, della sanità pubblica o dell’ambiente.
Le professioni
Per quanto riguarda la regolamentazione delle professioni, gli articoli da 44 a 63 intervengono su quelle attività vigilate dal ministero della Giustizia, nelle quali rientrano i dottori agronomi e forestali. Nello specifico, ognuno degli articoli modifica la legge sull’ordinamento della professione. L’articolo 50 modifica in particolare la legge n. 3/1976, sulla professione del dottore agronomo e del dottore forestale, introducendo una serie di novità agli articoli dal 30 al 33, relativi all’iscrizione, trasferimento e cancellazione dall’Albo dei dottori agronomi e forestali.
Al comma 1 dell’articolo 30, tra i dati degli iscritti che devono essere riportati in alternativa alla residenza, può essere indicato ora il domicilio professionale; la stessa modifica è prevista al comma 1 lettera e) dell’articolo 31 sui requisiti di iscrizione all’Albo. Sempre all’articolo 31 comma 1, alla lettera a) il requisito alternativo di essere “cittadino di uno Stato con il quale esista trattamento di reciprocità” è sostituito da quello di appartenenza a uno Stato della Unione europea. Lo stesso articolo stabilisce infine che il decreto di riconoscimento del titolo professionale deve essere adottato con le modalità previste dal dlgs 206/2007 di “attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, e della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell’adesione di Bulgaria e Romania”.
All’articolo 32 della legge 3/1976, che disciplina le modalità d’iscrizione all’Albo e quelle di rigetto, al comma 1 si riduce da tre a due mesi il termine per la delibera dell’ordine che riguarda le richieste di iscrizione all’Albo, in conformità di quanto previsto dall’articolo 45 del decreto legislativo. Sempre in conformità dell’articolo 45 del provvedimento, poi, il comma 3 dell’articolo 32 della legge 3/1976 è modificato, prevedendo l’introduzione del silenzio assenso nell’ambito delle deliberazioni del Consiglio dell’ordine.
2. Le proposte di modifica normativa
a. C. 3 e C. 503 Siliquini (Pdl) all’esame della commissioni Attività produttive e Giustizia della Camera dei Deputati
La proposta di riforma dell’ordinamento delle professioni intellettuali (C. 3, di iniziativa popolare), presentata già nella XV legislatura e riproposta nella XVI, è ferma nelle commissioni referenti Giustizia e Attività produttive della Camera dei deputati dopo la separazione attuata in corso di esame tra le norme relative alle professioni regolamentate e a quelle non regolamentate. Il gruppo di lavoro ha infatti deciso, dopo un ciclo di audizioni sulla materia e un anno di dibattito in commissione, di scindere le due categorie, affidando alla seconda commissione di Montecitorio la riforma delle professioni regolamentate, e alla decima quelle non regolamentate. La commissione Giustizia, quindi, esaminerà in sede referente la proposta C. 503 di Maria Grazia Siliquini (Pdl-Piemonte), già relatrice sui testi in materia, al quale sarà poi abbinato, quando sarà definito, quello cui sta lavorando il ministro della Giustizia Angelino Alfano, che ha avviato un giro di consultazioni con tutti i soggetti interessati, tra cui i dottori agronomi e i dottori forestali.
Il provvedimento della Siliquini, composto da 21 articoli, al primo stabilisce l’ambito di applicazione della legge, che punta a definire i principi generali degli ordinamenti professionali. L’articolo 2 contiene la definizione di attività professionale che si distingue da quella d’impresa, mentre l’articolo 2-bis quella dell’attività dei professionisti dipendenti. Il terzo disciplina gli ordini professionali e il quarto prevede la possibilità del loro accorpamento. L’articolo 5 stabilisce le modalità di accesso alle professioni (è previsto l’esame di Stato), con il 6 sono regolamentate le tariffe ovvero le modalità per definire il compenso spettante al professionista e con il 7 la pubblicità informativa destinata ai clienti. L’articolo 8 stabilisce l’obbligo di dotarsi di un’assicurazione contro i rischi derivanti dall’attività professionale. L’articolo 9 prevede agevolazioni per favorire la formazione continua mentre il 9-bis disciplina le Casse di previdenza. Con l’articolo 10, che individua gli organi degli ordini professionali, si apre il Capo II del provvedimento dedicato alla “struttura degli ordini”. L’articolo 11 definisce le funzioni del consiglio nazionale, mentre l’11-bis quelle dei consigli territoriali. L’articolo 12 disciplina le riunioni dell’assemblea generale degli ordini e il 13 quelle locali. Il Capo III è dedicato al Controllo deontologico e amministrativo: l’articolo 14 stabilisce la funzione disciplinare e i consigli di disciplina, il 15 il controllo sugli atti degli Ordini professionali e sui loro organi, mentre il 16 prevede la creazione del Consiglio nazionale delle professioni intellettuali. Infine gli articoli 17 e 18 formano il Capo IV del testo, dedicato a norme transitorie e di delega al governo. In particolare il primo dei due articoli stabilisce che entro un anno dall’entrata in vigore della riforma, il governo adotti appositi decreti legislativi da sottoporre al parere delle competenti commissioni del Parlamento, per aggiornare gli ordini professionali vigenti, mentre con l’ultimo articolo l’esecutivo viene delegato ad adottare un decreto legislativo entro 18 mesi dall’entrata in vigore della riforma, per disciplinare, sulla base dei principi definiti nell’articolo, l’esercizio delle professioni intellettuali in forma associata, societaria e multidisciplinare.
b. Disegno di legge d’iniziativa governativa a firma del Guardasigilli Angelino Alfano
Il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha incontrato gli stati generali delle professioni lo scorso 15 aprile per individuare i punti cardine di un disegno di legge di riforma.
Il testo del provvedimento, più volte annunciato ma per ora non ancora presentato in Parlamento, sembrerebbe basarsi su di una bozza, elaborata nel mese di luglio dal Comitato Unitario delle Professioni (Cup) e dalle Professioni area tecnica (Pat), che intende reintrodurre le tariffe minime, inserire l’obbligo di copertura assicurativa e garantire una più accurata verifica della deontologia professionale.
Inoltre, la proposta prevedrebbe una semplificazione delle procedure, la formazione professionale permanente obbligatoria per tutti gli iscritti agli Ordini e un maggior rigore nella selezione dei professionisti.
3. Appendice
Di seguito si riportano i nominativi dei 20 Stati membri che attualmente hanno recepito la direttiva servizi, con l’indicazione tra parentesi della data di approvazione dei relativi provvedimenti esecutivi.
Cipro (22/07/2010) | Finlandia (22/12/2009) |
Portogallo (20/05/2010) | Lituania (15/12/2009) |
Belgio (23/04/2010) | Estonia (12/10/2009) |
Lettonia (21/04/2010) | Spagna (24/11/2009) |
Polonia (31/03/2010) | Paesi Bassi (11/10/2009) |
Slovacchia (26/03/2010) | Svezia (04/11/2009) |
Italia (22/03/2010) | Ungheria (22/06/2009) |
Belgio (16/03/2010) | Repubblica Ceca (17/06/2009) |
Slovenia (03/04/2010) | Romania (20/05/2009) |
Regno Unito (28/12/2009) | Danimarca (07/05/2009) |